Un corso di karate non parte dal combattimento, tantomeno dalle forme: parte dai kihon (fondamentali). Nella prospettiva karate-educazione i fondamentali si dividono in due categorie distinte: una dedicata al kata (kihon-kata), l’altra al kumitè (kihon-kumitè), in modo da creare automatismi differenti a seconda della specialità, iniziando da subito a impartire insegnamenti diversi in relazione ai valori peculiari che esprimono le due materie.
Tuttavia in molte scuole di “karate tradizionale” (così come, al contrario, in molte scuole in cui si predilige il karate sportivo) ciò non avviene, in quanto si conosce un unico tipo di fondamentale, tanto per intenderci: ageuke, gedanbarai, zenkutsudachi, ecc. In queste scuole non esistono kihon diversi da quelli che Shirai e gli altri maestri giapponesi hanno portato in Occidente sin dall’inizio: essi sono propedeutici al kata e non forniscono al praticante automatismi adatti a una leal tenzone di kumitè.
L’altra categoria di kihon prevede invece l’acquisizione di automatismi dedicati al kumitè: varie parate o protezioni, diversi colpi di braccio, spostamenti, finte, gestione del territorio, traiettorie di calci, spazzate, aspetti spirituali, conoscenza di varie tattiche…
Questi importanti fondamentali non vengono praticati dai vari istruttori di karate tradizionale, un po’ per abitudine, un po’ perché la materia si amplia e richiede più tempo, un po’ perché ci si accontenta di quello che si sa, infine perché essere aperti e con la voglia del cercatore non è da tutti.
Faccio fatica a chiamare arte marziale il kumitè sportivo da solo: è un semplice insieme di regole che disciplina un combattimento, nel quale per altro i colpi vengono spesso giudicati più per l’aspetto spettacolare che per l’efficacia (WKF).
Trascurare i kata e tutto l’indotto di esercizi e applicazioni a favore del kumitè sportivo significa: abbandono precoce ai primi ostacoli psico-fisici che iniziano fra i 30 e i 40 anni o anche prima; rinunciare a un bagaglio culturale unico, immenso e originale; perdere la gioia di una pratica che potrebbe protrarsi sino alla terza età, e di conseguenza perdere i benefici effetti sulla salute che una prassi costante e moderata offre agli appassionati per tutta la vita.
Entrambi i tipi di kihon vanno insegnati ai principianti nella prospettiva karate-educazione.
Carlo Pedrazzini