io ti rispetto

io Ti rispetto

Nelle A.M. uno dei valori più spesso nominato è il rispetto, e la sua mancanza. Non mi riferisco ovviamente a mancanze dovute a offese grossolane e plateali che vanno contro la morale comune. Penso a parole e azioni più sottili ma cariche di significati, che fanno la differenza fra irriverenza e cortesia, fra noncuranza e attenzione.

Per i giovani il rispetto non è sempre facile da capire, in quanto rappresenta un mix di diversi valori e virtù quali lealtà, attenzione, gentilezza, riguardo, compassione, coraggio. E si riceve anche in funzione di come lo si offre.
Poi al solito specialmente nei giovani maschi, l’ego e gli ormoni mettono i bastoni fra le ruote… Spesso l’equilibrio nei comportamenti diventa un ostacolo insormontabile, ma il giovane praticante lo può superare con l’aiuto del maestro e lo spirito marziale rivolto all’interno di se stesso (oltre che dalla famiglia naturalmente).

Del rispetto ci si rende conto quando manca: nei giovani la manifestazione più frequente è il bullismo, e chi lo subisce sa bene cosa significa e quanto faccia male.

L’insegnante deve aiutare i giovani allievi a capire cosa comprende il rispetto e le sue sfumature, studiando routine che aiutino a esercitarne l’esperienza: un problem solving del rispetto, che favorisca il passaggio fra capire e far proprio.

In palestra si inizia partendo da valori semplici da praticare, a partire dal saluto, un ottimo mezzo per cominciare a prendere confidenza con il rispetto.
Il fondatore dello shotokan Mº Funakoshi diceva: “Senza gentilezza e cortesia il valore del karatè va perso”.
Il saluto, l’inchino, “rei”, è sinonimo di cortesia, educazione, gentilezza e soprattutto rispetto. È il gesto più comune nelle palestre di arti marziali, ma è necessario riempirlo di significato. Diversamente diventa una mera abitudine creata da un obbligo.

Non equivale a uno sbrigativo buongiorno, o buonasera, o ciao, ma riconduce a un significato dalle radici profonde, differente dalla nostra stretta di mano.
In Occidente secondo la tradizione medioevale, ci salutiamo dandoci la mano “libera dalla spada”, cioè “niente guerra, vengo in pace”; in India si congiungono le mani aperte davanti al cuore a mo’ di preghiera: un saluto che coinvolge la sfera spirituale e religiosa; in Cina il saluto taoista del pugno chiuso dentro la mano aperta rappresenta lo yin-yang, e simboleggia l’aspirazione all’equilibrio; in Giappone l’inchino rappresenta i valori di rispetto e umiltà, in ultima analisi sottintende un inchino “al Dio che c’è in te”.

Fra due atleti che si affrontano in palestra per un combattimento o uno scambio di tecniche, prima del saluto ci sarà sicuramente amicizia, ma dopo il saluto la prospettiva cambia: come bravi attori si recita un’altro ruolo, l’amicizia non è più in figura e si diventa avversari veri sostenendo la parte da guerrieri.
Mettere il compagno in difficoltà è segno di rispetto, oltre che utile alla crescita tecnica di entrambi, il contrario è mancanza di rispetto. Ma alla fine, qualunque cosa accada nel frattempo, dopo il saluto finale, si esce dalla parte e si ritrova l’amicizia.

Per rinforzare l’esperienza del rispetto, dopo uno scambio di tecniche, si può vestire l’inchino finale con delle affermazioni di cortesia e tono cordiale, tipo: “grazie”, “distanza errata”, “ottimo lavoro, bravo”, “ho sbagliato tutto”, “ho imparato cose”, “mi hai messo in difficoltà”, “tutto a posto?”, “mi aiuti a risolvere?”…

In gara esultare platealmente davanti all’avversario dopo una vittoria è mancanza di rispetto, quasi irriverenza, e negare la sconfitta è presunzione, mentre accettarla con un cenno del capo o stringendo la mano è segno di rispetto (o di umiltà in caso di palese ingiustizia arbitrale, come a volte succede).

Uno dei più importanti livelli di rispetto di un artista marziale è quello verso i più deboli, un tipo di rispetto che nelle discipline marziali dev’essere scontato. Comprendere quando la nostra azione o parola crea disagio o dolore è il primo passo. In quel caso bisogna fermarsi. Anche il confine fra semplice scherzo e bullismo è molto labile, perché lo stesso scherzo può avere effetti diversi a seconda di chi lo subisce, quindi attenzione!

Nella quotidianità sociale quando un artista marziale adulto e preparato vedesse delle prepotenze, soprattutto verso donne o bambini (di solito esercitate da chi si rivela forte con i deboli, e debole con i forti), valutate le varie circostanze di opportunità, dovrà intervenire.

Naturalmente non esiste solo il rispetto fra persone: è necessario anche per cose, luoghi, anzi, tutte le cose e tutti i luoghi.
Nello spogliatoio ad esempio, il rispetto si trova nel riporre ordinatamente i vestiti curando l’ordine complessivo dello spogliatoio stesso, e alla fine nel ripiegare ordinatamente gli abiti di allenamento in borsa senza arrotolarli come una palla. Lavarsi i piedi prima di salire sul tatami significa rispettare il proprio decoro ed evitare di infastidire i compagni con cattivi odori. Infine rispettare noi stessi con la salutare doccia finale per eliminare le tossine.

Il Luogo di Allenamento poi, il Dojo, richiede un capitolo a parte. Dojo significa Luogo della Via: un posto dove si impara ad affrontare la realtà, cioè le avversità del mondo esterno. Dunque un posto importante, dove succedono tante cose: le belle divertono, dalle brutte si impara.
Nel Dojo si gioisce e si soffre, ci si impegna e si suda, si prendono colpi e si danno. In ogni Dojo migliaia di persone condividono la stessa passione: pugni, calci, lotta, sudore e ferite, incontri in pizzeria e vacanze, amicizie e amori, con coppie che si formano e dopo anni mandato i figli a far vivere le stesse esperienze.

Mi piace trattare con rispetto il Luogo della Via, e quando vedo qualcosa fuori posto mi premuro di metterlo in ordine. Penso al Dojo come un luogo sacro. Niente grida, spintoni o corse sfrenate: il gioco avrà il suo spazio, ma poi si deve lavorare, perché con il lavoro e l’impegno si diventa bravi, il Dojo è lì per aiutarci, e di questo dobbiamo essergli grati.

I giovani a casa dovranno allenare il rispetto riconoscendo le premure dei genitori (che non sono scontate), tenendo in ordine le proprie cose, aiutando a tavola, lavando piatti, assecondando con disciplina le raccomandazioni ricevute. Anche attraverso buoni risultati scolastici.

Ricordiamo inoltre di avere una casa più grande, che si estende al nostro quartiere, alla nostra città e al nostro intero mondo. Essa in egual modo va rispettata, evitando di sporcarla, inquinarla, esaurirla.
Madre Terra ci ha generato: da organismi monocellulari siamo diventati quello che siamo, e ci ospita con generosità; rispettarla è nostro dovere, oltre che vantaggioso per la salute e per l’economia del futuro.

Infine…, ma non ultimo: rispettare se stessi!
Che significa:

  • aver cura della propria persona praticando un’attività motoria per tutta la vita;
  • avere un’attenzione particolare verso l’alimentazione cercando la moderazione;
    e forse più importante:
  • mantenere sempre il contatto con la Natura per sintonizzarci con la nostra parte spirituale.

M° Carlo Pedrazzini