La mia adolescenza è stata un caos: mille problemi che si sommavano alla tempesta ormonale. Finché ho cominciato a praticare karate!
Non ho risolto tutte le mie difficoltà esistenziali il giorno dopo aver pagato la prima retta, ma quel giorno è cominciato un percorso. Un percorso che ha portato ordine dove c’era il caos. Solo dopo molti anni ho realizzato che, come suggerito nella Bhagavad-Gita, “Il guerriero è colui che mette ordine al caos”.
Naturalmente ho capito subito che stavo esercitandomi a diventare un guerriero, ma ciò che non avevo capito era che la lotta più dura non era il momentaneo confronto con gli avversari, ma la perenne lotta interiore verso i miei limiti e difetti del carattere, che ancora oggi, dopo 50 anni da quel primo giorno, non ho del tutto sconfitto.
Allora non sapevo che la pratica del karate avrebbe avuto un effetto così profondo sulla mia personalità. L’impatto e lo stile del Bushido (Via del Guerriero) erano evidenti negli insegnamenti, nei comportamenti e nelle parole del Mº Hiroshi Shirai: niente avrebbe potuto influire di più sulla personalità di un ragazzo.
Perché non stavo leggendo un libro: stavo praticando una cultura.
Più tardi mi sono avvicinato anche alla letteratura marziale, nella quale saggi e illuminati del passato avevano condiviso le loro esperienze e le avevano rese disponibili anche per me. Per tutti. Per sempre.
In quel lontano 1969 iniziò un viaggio nel karate che ancora non è finito, e che mi ha avvicinato a tutte le culture orientali, non solo quella giapponese. Insieme mi hanno fatto diventare l’uomo che ora sono: un diversamente giovane karateka, amante della cucina vegana, rispettoso della Terra e di tutto ciò che contiene; ma soprattutto un ricercatore, convinto che “l’educazione non finisce mai”.
Fra tutti i testi marziali esistenti il Bushido (Via del Guerriero) è il più famoso. Ha superato in popolarità i più antichi codici di guerra cinesi, come Sun Tsu (L’Arte della Guerra), risalente al VI secolo a.C, e I 36 Stratagemmi. O i più recenti giapponesi Go Rin No Sho (Il Libro dei Cinque Anelli) e Hagakurè (All’Ombra delle Foglie).
Il Bushido, a differenza di altri addestramenti marziali nel mondo, si distingue perché in esso sono raccolte anche regole morali e norme di comportamento, come il rispetto dei valori di onestà, lealtà, giustizia, compassione, dovere, coraggio, sincerità, eroismo, onore, gentilezza e cortesia.
Il Bushido dunque, a differenza delle altre opere, propone anche uno stile di vita. Senza quello stile c’è rischio che il coraggio diventi ferocia e che il combattimento si trasformi in qualcosa che denigra l’essere umano.
Ecco qual’è stato l’impatto più forte che i maestri giapponesi giunti in Europa negli anni ‘60 hanno avuto sui loro primi allievi, più della tecnica che di per sé è neutrale: hanno fatto sperimentare all’Occidente il retaggio di una delle culle culturali d’Oriente, portata direttamente dal medioevo giapponese ai giorni nostri.
A chi interpretasse in negativo la parola “medioevo giapponese”, dico solo che se i valori marziali di quel periodo, pur con i dovuti adattamenti, fossero trasportati ai giorni nostri, e magari sperimentati nelle scuole, la nostra società potrebbe avere un futuro migliore.
Invito tutti i praticanti di arti marziali a seguire la “Via della Penna e della Spada” (Bun Bu Ryo Do), perché “Cultura e Arti Marziali sono Unico Corpo” (Bun Bu Ittai).
Carlo Pedrazzini