Gli occhi sono lo specchio dell’anima!
Si dice. Ed è vero. Lo sguardo è uno strumento essenziale dell’insegnante, un linguaggio non verbale che attraverso gli occhi e il corpo trasmette convinzioni, sentimenti ed emozioni.
E le bimbe e i bimbi di sentimenti se ne intendono…
Lo sguardo trasmette o tradisce, a seconda dei nostri intenti, attenzione o indifferenza, affetto o freddezza, sicurezza o incertezza, calma o impazienza, fermezza o indecisione, carisma o impersonalità, … amore …
Insomma, senza bisogno di vane spiegazioni, con uno sguardo possiamo farci capire: il linguaggio del corpo è molto potente. Lo sguardo e la mimica facciale sono penetranti e veri, più di tante parole. Nessun discorso, solo fatti. Il corpo non mente.
Se sei un insegnante, sii puro nei sentimenti, perché i bimbi non li inganni: guarda gli allievi con occhi sinceri, con la voglia interiore di volere il loro bene, profondamente radicata nel tuo cuore. E chiedi di essere guardato dritto negli occhi quando parli: puoi trasformarlo in un gioco.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima!
Da subito, si possono capire aspetti importanti della personalità di un allievo grazie al suo modo di guardare, oltre che dalla postura e dai primi movimenti tecnici.
In particolare gli occhi possono trasparire coraggio, sicurezza, attenzione, interesse, gioia, sincerità, o semplicemente essere vivaci, testimoniando la voglia di scoprire il mondo.
Ma allo stesso modo possono tradire paura, insicurezza, distrazione, noia, vergogna, o essere un po’ spenti, testimoniando la fatica di mettersi in gioco.
Se ogni bambino o adolescente avesse molti dei lati positivi sopra citati, per un insegnante la strada sarebbe in discesa, ma così non è.
Anzi, molti genitori mandano i figli a karate proprio perché vedono in loro carenze o eccessi in alcuni aspetti della personalità, e vorrebbero un aiuto dall’arte marziale e dai noi insegnanti.
Quei genitori vedono giusto, perché in moltissimi casi atteggiamenti sbilanciati del comportamento possono essere corretti partendo dal lavoro corporeo, con l’aiuto dell’ambiente (e dei genitori, se il lavoro in palestra trova una sponda in famiglia..).
Una via maestra per intervenire su timidezza, insicurezza, distrazione o eccessiva esuberanza, è il lavoro sulla direzione degli occhi, che va impostato prima possibile.
In particolare, nel kata lo sguardo va sempre diretto verso l’avversario, immaginario o reale, o il punto d’impatto della tecnica.
Non solo, lo sguardo dev’essere deciso e penetrante anche in mancanza di sicurezza interiore: a forza di fare l’esperienza di essere sicuri, anche la mente comincerà a crederci, finché, insistendo, arriverà a esserne convinta. L’avversario non si guarda, si “fulmina”: la sicurezza è data sia dalla convinzione interiore, sia dal riconoscimento di coloro che, vedendo in noi quella sicurezza, ci rimbalzano addosso la loro persuasione.
Come grandi attori le bimbe e i bimbi devono entrare nella parte e assumere le vesti di altrettanto grandi guerrieri, prendendo sempre più confidenza con il ruolo, che col tempo impareranno a gestire a comando.
Determinazione, forza interiore e sicurezza dovranno trasparire, chiari come il sole, grazie alla perfezione raggiunta nell’esercizio. A quel punto risulterà evidente, nello sguardo, la differenza tra guardare e vedere. La prima è un’osservazione generale dai contorni sfumati, la seconda è una vera messa a fuoco che può comprendere cosa si nasconde dietro le apparenze.
Per “io ti vedo” (il saluto degli abitanti di Pandora nel film Avatar) si intende una precisa percezione dall’essenza di una persona: il suo stato d’animo, le sue intenzioni. Poi, se i due piani non combaciano scatta l’allarme del guerriero, che intuisce la realtà al di là delle apparenze (o delle parole…).
Invitare i giovani a guardare verso una direzione, insegnando loro a vedere cose che altri non vedono, significa trovarsi sulla Via del Karate-Do.
Carlo Pedrazzini