L’idea orientale di Maestro diverge dalla visione occidentale, più legata a risultati accademici o sportivi. Quindi Maestro come costruttore di esseri umani piuttosto che insegnante di tecnica. Quest’ultimo tipo di “maestro” preferirei chiamarlo coach o mister.
In una prospettiva di karate-educazione il metodo di allenamento deve mirare a migliorare il carattere, l’intelligenza e il livello morale dello studente, e l’obiettivo finale non sarà il risultato agonistico o l’abilità marziale, bensì la saggezza nella vita quotidiana.
Ciò non significa che all’interno di questa prospettiva non siano compresi agonismo e competizioni ai massimi livelli. Preparare atleti di alto profilo che sappiano rappresentare alle gare l’aspetto educativo del karate, attraverso la maestria dei gesti e l’equilibrio dei comportamenti, rientra nelle prerogative del karate-educazione.
“Cimentarsi in gara prepara ad affrontare le prove della vita” diceva Cesare Barioli “fa vivere una grande emozione e propone qualità ideali, rappresenta un allenamento a circostanze più complesse e decisive. Dare tutto se stesso a un avvenimento di gara è una fase educativa appropriata alla condizione giovanile, poiché forse la vita ci chiederà di dare anche di più.”
La visuale educativa si sposa perfettamente con le aspettative di ogni genitore. Ne consegue che le famiglie sproneranno i figli a essere più costanti alle lezioni, favorendo così l’effetto educativo. Anche le periodiche crisi e le inevitabili difficoltà, con il supporto dei genitori, saranno superate più agevolmente. Il risultato sarà un miglior livello tecnico generale, un più elevato numero di praticanti, e la soddisfazione di aver seminato valori nella speranza germoglino per un futuro migliore: gli effetti di una buona educazione possono durare nei secoli…
Carlo Pedrazzini